Il bambino non è un piccolo adulto.
Dobbiamo ricordarcelo ogni volta che vogliamo coinvolgerlo e avvicinarlo al camminare. Quando noi eravamo bambini, i nostri genitori e i nostri educatori ci proponevano un approccio al camminare di stile “alpino”, si partiva in auto dalla città o dalla pianura dove molti vivevano, per arrivare alla montagna, si iniziava a camminare con l’obiettivo di arrivare a una meta, un rifugio o una cima, e poi tornare indietro.
Il bambino era stanco o piangeva? Lo si incoraggiava, lo si incentivava con promesse e dolcetti, lo si caricava sulle spalle del papà, insomma, il risultato di queste vacanze in montagna era che a molti della mia generazione è cresciuto il rifiuto del camminare, e arrivati all’adolescenza si sono finalmente liberati da questo “obbligo”.
Se decidiamo di portare i bambini a camminare, prima di tutto rilassiamoci. Un bel respiro, e abbassare di molto le aspettative. Scordiamoci l’escursione impegnativa, la prestazione disintossicante, la meta.
I bambini vogliono la magia, e la natura è ricca di magia. I bambini decidono loro quando camminare e quando fermarsi. Non sono interessati alla meta, la loro meta è il qui e ora, ogni sasso, ogni rametto, ogni distrazione è motivo di sosta e di gioco. Assecondiamoli. Siamo lì per loro. È inutile cercare di “imbrogliarli” promettendo loro il premio (il dolce quando arriviamo al rifugio), siamo noi che dobbiamo smetterla di vivere nel futuro, hanno ragione loro, il camminare è qui, in questo momento, e non è là, tra un’ora, al rifugio, che neanche sappiamo se esiste ancora.
(da “L’arte del camminare” di Luca Gianotti, Ediciclo, 2011, pag. 83)
Post meraviglioso da rileggere e ripetere come un mantra! In viaggio, in montagna , ma anche nel parchetto sotto casa!
Che parole fantastiche… come educatrice ambientale ho fatto spesso la “guida” (parole che non mi piace), portando in giro classi di ogni età a camminare anche in montagna: quando l’approccio è questo camminare anche con i piccolissimi è un piacere e un’avventura!